Nei giorni che hanno preceduto l'appuntamento di venerdì 13 luglio ai giardini del Baraccano, abbiamo ricevuto diverse comunicazioni da parte della famiglia di "Federico", una delle presunte vittime di questa vicenda, che all'epoca dei fatti aveva due anni e mezzo. Nel portare avanti questo appuntamento di Bo-noir abbiamo ritenuto opportuno raccontare la vicenda attenendoci solo a quegli atti e a quei documenti a cui è stata riconosciuta validità in sede giudiziaria, senza riaprire alcun dibattito su quei fatti. Ci è parso però opportuno leggere nel corso della serata parte della lettera inviataci dal nonno di "Federico" che sul blog vi proponiamo integralmente.
Egregio Sig. Marchesini,
sono il nonno di “Federico”, e poiché mi è stata offerta la possibilità di conoscere lo scambio di lettere avute con mio figlio, Le chiedo scusa se mi permetto di intervenire.
Lei con tre decisi colpi di accetta, riferendosi alla sentenza di primo grado, a quella di secondo, alla rinuncia al terzo fa leva su capisaldi che negano chiaramente ogni possibilità di una sia pur timida replica. Intravedo il taglio che si tende a dare alla serata in argomento, se non sbaglio è di rifarsi ad un errore giudiziario ormai vecchio che essendo tale non può ne deve dare voce ai “vinti perché ne minerebbe l’impostazione di partenza.
Le anticipo subito che non è mia intenzione creare turbative su ciò che andrete a fare ne intendo avventurarmi nell’intricata area dell’errore dell’ errore.
Le dico però che ciascuno di noi, qualunque sia il campo esistenziale in cui si muove dà in ragione di quello che sa, come può e meglio gli riesce, e non è detto che sempre raggiunga l’assoluto, e credo che questo sia concesso estenderlo anche alla giustizia.
Mi sono trovato a 66 anni circa a mettere piede per la prima volta, e ad oggi unica, in un’aula giudiziaria, devo ammettere con fatica, non spinto quindi da sete di protagonismo, ritenendolo un irrinunciabile atto dovuto nei confronti del mio nipotino.
L’impressione che ho ricavato(del tutto personale e probabilmente distorta per carità) dei meccanismi della giustizia non è stata proprio avvolgente. Troppi non ricordo da parte di qualcuno, l’avvalersi della facoltà di non rispondere da parte di altri, poi fatti e circostanze che a mio parere avrebbero meritato approfondite risposte sono invece evaporate, volatilizzate, ed anche percorsi imboccati in direzione opposta all’obiettivo.
Un esempio per tutti.
Vi era un bambino (oggi ragazzo come ve ne sono tanti) che a due anni e mezzo aveva un prodigioso senso dell’orientamento e una acuta osservazione delle cose che lo circondano
Un certo giorno accade che:
1. regredisce nell’alimentazione ricorrendo a sole sostanze liquide, si ritorna al biberon.
2. rifiuta ostinatamente la sostituzione dei pannolini, non vuole gli si lavi il sederino
3. spesso bestemmia quando nessuna delle persone con cui ha contatti lo fa
4. non vuole più uscire dall’abitazione, neppure per andare in giardino
5. si nasconde talvolta animalescamente sotto la tavola
6. non intende più tornare nel proprio letto dopo averlo temporaneamente ceduto alla cuginetta baby sitter (solo la sostituzione porrà fine al problema) e tante altre cose ancora. E’ lo stesso bambino che indicherà ai carabinieri una strada diversa rispetto a quella che intendevano percorrere per raggiungere il cimitero di Nugareto e la vicina chiesa abbandonata luogo di riti satanici.
Al ritorno per l’emozione subita il bambino vomiterà in macchina; da quel momento ci siamo detti basta, teniamolo fuori dal processo.
Ebbene a fronte di tutto quanto precede un avvocato difensore degli imputati nella seduta conclusiva del dibattimento affermava che su quel processo durato mesi, si estende quale regia occulta, la lunga ombra del S. Domenico.
Ma come è possibile gingillarsi in simili fuorvianti argomenti? Mi rendo conto di farmi prendere la mano e punto alla conclusione mediante due riferimenti connessi ai due verdetti. Il primo è che all’indomani della sentenza il “Resto del Carlino” ospita una mia lettera che contempla riflessioni sulla stessa.
Il giorno successivo a questa il Presidente della Corte Dott. Cornia incontra in Piazza XIII Agosto proprio in Piazzola il ns. avvocato supplente, e gli chiede se quella lettera recante la firma “il nonno di Federico” l’avesse scritta lui.
Ottenuta risposta negativa chiede allora notizie sulla salute del bambino, augura un pronto recupero, e con riferimento a quei contenuti si accomiata dicendo:”La Legge è la Legge”. Esistono allora due verità e una di queste è quella giuridica?
Il secondo riferimento riguarda la sentenza di appello dove si dice la ragazza ha mentito (va precisato che nessun contatto, proprio nessuno, abbiamo avuto prima, durante e dopo il processo con questa) mentre i familiari del bambino sono degni di credibilità. Bene. Dove è approdata quella credibilità?
Lei dice che all’epoca gli organi di informazione sono stati carenti; può essere. Io sono a dover tenere in considerazione quanto con ben diverso peso specifico ebbe a dichiarare pubblicamente l’allora procuratore capo del Tribunale Dott. Ennio Fortuna: “ Conoscendo gli atti processuali sono stupito per questa sentenza.”
Le porgo i migliori auguri per la riuscita della Sua iniziativa.
Senza ironici fraintendimenti in futuro se lo vorrà si potrebbe prendere un iniziativa di segno opposto disincagliando quanto è rimasto imbrigliato fra le pieghe del procedimento. Il materiale esiste e non manipolato a proprio uso e consumo.
Grato per un cenno di riscontro.
Con osservanza,
Lettera firmata